A molti sarà capitato di ricevere una diagnosi di tendinite, ovvero infiammazione a carico dei tendini, quelle strutture deputate a trasferire alle ossa la forza generata dai muscoli, in modo da poterci muovere.
I distretti più colpiti sono normalmente gli arti inferiori, e di questi oggi parleremo, anche perché i disturbi tendinei a carico dell’arto superiore, il più famoso è il gomito del tennista, o Epicondilite, hanno delle caratteristiche un po’ diverse e rischieremmo di fare confusione.
Invece di tendiniti oggi si preferisce usare il termine tendinopatia, ovvero sofferenza del tendine, gli studi suggeriscono che raramente siamo in presenza di una infiammazione (il suffisso –ite indica proprio questo) e anche quando questa è presente non è in effetti la causa del dolore, ma piuttosto una conseguenza del disturbo.
Il processo che porta alla condizione dolorosa è un quadro degenerativo, di solito in seguito a modificazioni del carico a cui sottoponiamo il nostro tendine, per esempio se aumentiamo bruscamente il nostro regime di allenamento.
No quindi ai cosiddetti weekend warriors, ovvero zero attività fisica in settimana per poi concentrare tutto in pochi giorni, ma, attenzione, anche le repentine diminuzioni delle attività ci espongono a maggiore rischio.
L’altra possibile causa è una prolungata compressione del tendine stesso, che sia uno stimolo esterno come dormire abitualmente sul fianco su una superficie molto rigida (tendinopatia del medio gluteo) o a causa del movimento ripetuto.
Ogni tendine infatti, ha una posizione in cui viene schiacciato, ad esempio in uno Squat molto profondo il ginocchio, piegandosi, porta in compressione il tendine del quadricipite (tendinopatia rotulea), da questo deduciamo anche che fare stretching non è indicato in presenza di una tendinopatia.
Queste due situazioni possono portare ad una modifica cellulare della struttura, in particolare una disorganizzazione delle fibre collagene, in pratica si nota, a mezzo ecografo, che ciò che dovrebbe essere allineato come i rebbi di una forchetta, si trova invece distribuito disordinatamente.
ricordiamoci però che la capacità del tendine di sopportare il carico non è compromessa e il rischio che questo si strappi è minimo.
La conseguenza è una riduzione della capacità meccanica del tendine, immaginate una molla che invece di essere molto rigida, e quindi in grado di restituire molta energia, si trovi ad essere molto morbida, quindi molto meno efficiente.
Indizi per capire se il vostro dolore è causato da una tendinite:
• Dolore molto localizzato, dovreste essere in grado di indicarlo con un dito;
• Dolore sempre nel solito punto;
• Dolore che aumenta con l’aumentare del carico;
• Dolore mattutino il giorno dopo aver aumentato il carico.
Devo spaventarmi? L’attività fisica allora è dannosa? Riuscirò a guarire?
Nulla di cui preoccuparsi, basta affidarsi a mani competenti! Il vostro Fisioterapista vi consiglierà come modificare le vostre abitudini e come allenarvi per tornare alla normalità, Sì allenarvi!
Perché sappiamo ormai che l’unica terapia a cui può rispondere una tendinopatia, è l’esercizio a carico progressivo (due autori di riferimento per gli studi scientifici in materia sono Cook JL. e Purdam CR. qui un sunto dei loro lavori).
In pratica si tratta di allenare il complesso muscolo-tendineo, con esercizi via via più veloci ed esplosivi, procedendo in maniera graduale per non aver dei picchi di carico, dannosi per il tendine
No quindi alle terapie passive come tecar, frizioni manuali, onde d’urto, infiltrazioni etc, o comunque non come unico approccio.
Se non aumentiamo la capacità meccanica del tendine siamo destinati a fallire, inevitabilmente.
Dal momento che non è l’infiammazione la causa del nostro dolore diventa inutile l’assunzione di farmaci antinfiammatori, se non per l’effetto analgesico che ogni FANS contiene in misura variabile.
Il recupero da una tendinopatia non è di breve durata e serve costanza, ma raramente dovrete smettere la vostra attività, sarà sufficiente adeguare il carico di lavoro, seguendo i consigli del Fisioterapista,
il riposo completo non solo non aiuterà la guarigione ma viceversa renderà il tendine più debole.
Concludendo, l’attività fisica è sempre positiva, riduce il rischio di mortalità, di obesità, combatte la depressione, ma serve saperla dosare, e aumentare i carichi (che siano pesi o km percorsi in una settimana) in maniera programmata e sensata, non prendiamo quindi il disturbo tendineo come una scusa per astenerci da una sana ed equilibrata attività sportiva!