Seconda qualità essenziale ad un climber che si rispetti, la resistenza, ovvero per quanto posso continuare ad esercitare forza con le mie dita prima di essere esausto.
Alzi la mano chi non è crollato davanti al passaggio singolo che richiede una forza massimale fuori dalla propria portata, ma quante volte quello che ci ha fregato è stata la continuità?
L’arrampicata è uno sport principalmente anaerobico, dal punto di vista metabolico è più simile al sollevamento pesi che non alla corsa su lunghe distanze.
Non di meno però a volte lo sforzo che viene richiesto ai nostri muscoli (in primis avambracci) è duraturo e continuo, in base ovviamente al tipo di disciplina, la resistenza è probabilmente più importante per chi fa big wall che non per i boulderisti.
Il termine resistenza in Italiano è un po’ fuorviante, è un termine cappello che va a prendere aspetti anche molto differenti tra loro.
Quella che nel linguaggio comune indichiamo con resistenza è la resistenza aerobica, o aerobic endurance, ovvero la capacità di compiere sforzi di bassa intensità per lunghi periodi, pensiamo al ciclismo o al running.
Una buona resistenza aerobica è un fattore di protezione dai rischi di mortalità ed è indubbiamente legato ad una buona salute generale.
La resistenza aerobica però, è praticamente inutile in arrampicata, a parte quella locale a livello degli avambracci, che ci aiuta non ghisarci inutilmente nelle sezioni più facili.
La resistenza che serve in arrampicata è invece la cosiddetta resistenza anaerobica, o Strenght – Endurance, la capacità cioè di proseguire gesti ad elevata intensità (non massimale) nonostante la fatica, parliamo di un periodo che va da pochi secondi a massimo due minuti.
Questa forma di resistenza può essere suddivisa in dinamica o statica, ed è quest’ultima che possiamo allenare grazie al trave da arrampicata.
Questa capacità si crea grazie a tre fattori principali, il numero delle fibre muscolari bianche o fibre tipo II, in particolare le IIa, a contrazione rapida e con un minimo profilo di resistenza, questo è un corredo genetico e non possiamo alterarlo.
La dimensione di queste fibre muscolari invece è modificabile, innescando processi di ipertrofia avremo muscoli più estesi, anche se a livello della mano difficilmente sarà un risultato visibile.
Terzo punto è l’efficienza dei sistemi energetici, grosso modo quanto nutriente è presente nei muscoli (Glicogeno), con che velocità questi viene rimpiazzato e viene invece smaltito il prodotto di scarto (lattato), manipolando numero di ripetizioni e tempi di riposo miglioreremo questi aspetti.
Dopo questo breve spiegone entriamo nella parte pratica!
Dopo essersi assicurati di avere tutte le caratteristiche per allenarsi in sicurezza, possiamo strutturare il nostro programma per allenare la resistenza con il trave da arrampicata.
Anche per l’endurance possiamo fare un test preliminare, per capire a che punto siamo e monitorare i nostri progressi, l’ET (Endurance Test – Lopez, Badillo 2012) è la durata massima di sospensione, nello studio su una tacca da 11 mm, voi lo farete sulla tacca più piccola che potete tenere per 30”, che sarà poi la profondità che utilizzerete durante gli allenamenti.
Trovata la tacca che andremo a strizzare occorre decidere che tipo di presa alleneremo, i miglioramenti della resistenza,come già detto, sono prevalentemente strutturali, pertanto questo aspetto non è cruciale come nell’allenamento della forza, tuttavia rimane un dato importante, come sempre si consiglia di utilizzare una presa semiarcuata (half crimp).
Prima della sessione di allenamento della resistenza al trave dovremo occuparci di un buon riscaldamento, e, analogamente alle sessioni di MaxHang, lo sfrutteremo per avvicinarci al carico ideale della giornata, sempre leggermente variabile.
Utilizzeremo tacche via via più piccole, fino a trovare quella che, a nostra sensazione e in relazione all’ET e alle sessioni precedenti, ci permetterà di arrivare a cedimento nell’ultima ripetizione dell’ultimo set, non prima né dopo!
Il nostro allenamento sarà basato sulle ripetizioni ad intervalli, da cui il nome di sospensioni intermittenti, o IntHangs.
Di norma si utilizza un rapporto 10”:5”, ovvero sospendo 10” e riposo 5”, la durata della sospensione è pensata in base al tempo utilizzato per tenere una presa in una via continua.
Il riposo è basato su aspetti tecnici, per esempio è il tempo che può occorrere per mettere un rinvio, scrollare o smagnesare, ma anche ad aspetti metabolici, 5” è tempo di ossigenazione di una contrazione isometrica intermittente (Fryer 2016).
Tra un set (3-5 sospensioni) e il successivo, il riposo si allunga ad 1’- 2′, un recupero incompleto che va a stimolare la sintesi della fosfocreatina, e migliora l’ossigenazione a riposo.
Il rapporto tra lavoro e riposo è quindi la chiave del nostro successo, lo stress metabolico infatti ci permette di sviluppare ipertrofia e di migliorare il nostro rendimento energetico.
Un rapporto più duro, adatto ad atleti evoluti è 7”:3”, ovviamente noi comuni mortali possiamo tenere questo set di lavoro ma scegliendo una presa facile o scaricando del peso, oppure utilizzare dei rapporti più facili.
Per un principiante 10”:30”/2’ (10” sospensione, 30” riposo/2’ riposo tra i set) potrebbe essere un rapporto adatto, come progressione modificheremo i tempi di riposo tra le sospensioni e tra un set e l’altro.
Scarica qui Complex Timer, mentre qui Eva Lopez condivide gratuitamente il suo programma di IntHangs su google drive.
Ricordiamoci che il nostro scopo è comunque arrivare a cedimento, saranno probabilmente necessari alcuni tentativi per trovare il carico preciso di sessione in sessione.
Non preoccupatevi se le prime volte cedete troppo presto o non arrivate a failure, fate tesoro delle sensazioni e taratevi per l’allenamento successivo.
Progredendo nelle sessioni quindi, potrebbe essere necessario utilizzare una tacca meno profonda (MED) o aggiungere del peso (MAW) in base a quanto intenso vogliamo che sia il nostro allenamento.
Ancora una volta non confondiamo resistenza con sinonimo di bassa intensità, una contrazione mantenibile per circa 30” equivale a circa il 50% della MVC (massima contrazione volontaria), si rimane in fascia aerobica utilizzando al massimo il 15% di questo valore, noi sospenderemo per circa 10” quindi una percentuale nettamente superiore al 50%!
Le IntHangs sono utilizzate da tempo come metodo per allenare la resistenza al trave.
Tuttavia uno studio del 2019 (Lopez – Badillo) ha confrontato IntHangs e MaxHangs, i risultati suggeriscono un miglioramento importante nell’endurance anche nel secondo gruppo.
Le MaxHang sono il metodo normalmente devoto alla forza, ma probabilmente il minor coinvolgimento delle fibre di tipo II, in proporzione allo sforzo, migliora la resistenza, ricordiamoci che il numero di queste fibre è fisso, quindi un loro minore utilizzo si traduce in un risparmio energetico importantissimo.
Non si può essere molto forti e molto resistenti allo stesso tempo, specie ad alti livelli, quindi arrivati ad un certo punto occorre fare una scelta.
Probabilmente è buona pratica utilizzare protocolli di IntHangs se abbiamo priorità assoluta di migliorare la nostra endurance.
Se invece vogliamo ottenere miglioramenti su entrambi i fronti possiamo utilizzare 4 settimane di MaxHangs seguite da 8 di IntHangs, così da combinare le conquiste neurali a quelle strutturali.
Oppure utilizzate 8 settimane di MaxHangs (possibilmente 4 con MAW e 4 con MED – Lopez-Badillo 2012), quest’ultimo metodo è sicuramente il più efficace nello sviluppo della forza, ma come abbiamo visto permette di crescere anche nella resistenza.
Come sempre sarà un bravo professionista a guidarvi nella scelta!
Eva López-Rivera, Universidad de Cádiz; Juan José González Badillo, Universidad Pablo de OlavideComparison of the Effects of Three Hangboard Strength and Endurance Training Programs on Grip Endurance in Sport Climbers, 2019.
Eva López-Rivera, Universidad de Cádiz; Juan José González Badillo, Universidad Pablo de Olavide The effects of two maximum grip strength training methods using the same effort duration and different edge depth on grip endurance in elite climbers, 2012.